Stare in coppia: che lavoro difficile!

“…E vissero tutti felici e contenti”, così si concludevano le favole che si ascoltavano da bambini, un finale rassicurante e pieno di speranze. Ma è davvero così?

Dopo patimenti d’amore e magari qualche cocente delusione, finalmente si trova la persona “giusta” con cui iniziare la propria vita di coppia, condividendo un progetto comune. E sulla base delle favole ascoltate da bambini, la storia sembra finire lì, nell’idea o nella speranza che tutto andrà per il meglio, sempre.

Senza alcun dubbio, creare una coppia o una famiglia è già un punto d’arrivo, ma stare insieme è un lavoro quotidiano, continuo e costante, che non ha termine con una promessa, ma inizia con una promessa: quella di stare insieme.

Ma perché a volte stare insieme è così difficile?

Proviamo per un momento a rifletterci: stare in relazione significa mettere insieme due persone, che prima di tutto sono due individui, due unicità con le loro radici, le loro caratteristiche, le loro passioni, ma anche con le loro propensioni, i loro obiettivi, i loro desideri.

E solo in un mondo ideale, e quindi irreale, le proprie propensioni vanno sempre di pari passo con quelle altrui. Creare e costruire una relazione di coppia significa quindi trovare il modo per stare insieme, giorno dopo giorno, come si dice, nella buona e nella cattiva sorte. Dove per cattiva sorte non c’è da pensare solo ai grandi dolori e alle gravi perdite, ma prima di tutto alle difficoltà quotidiane: una giornata storta al lavoro, un litigio, un momento di stanchezza, un’incomprensione, una delusione.

Già solo per questi aspetti, appare lecito domandarsi: quanto è complesso stare insieme? Far collimare i propri spigoli, i propri angoli acuti, trovare una mediazione fra spinte, necessità e desideri che non sempre combaciano, accettare ed includere l’Altro, senza venire meno a Sé.

Individualità vs Coppia

Quante volte può capitare che la propria compagna desideri sistemare nel weekend le cose di casa che non ha avuto il tempo di fare in settimana, mentre l’unica voglia che sente il suo partner è quella di rilassarsi insieme sul divano qualche ora? Verrebbe spontaneo chiedersi chi ha ragione in questa situazione. Ma la risposta è “tutti e due!”: entrambi infatti hanno valide motivazioni sia per volersi occupare del loro nido sia per volersi rilassare dopo una settimana di lavoro.

Il punto dunque non sta nel trovare il colpevole o il virtuoso della coppia, ma nel riuscire a scorgere le necessità altrui, provando a calarsi nei panni dell’altro, per cercare di comprendere cosa l’altro ci sta comunicando e andando quindi alla ricerca di una mediazione.

Spesso in seduta con i pazienti emerge quanto a livello sociale sia dato per scontato che stare insieme sia spontaneo, facile, con il lieto fine assicurato e quanto invece la realtà dei fatti, e di ciò che si vive in coppia, porti a sentirsi sbagliati, incapaci, inetti.

A pensarci bene, risulta spesso più facile infatuarsi o innamorarsi, piuttosto che costruire una vera ed autentica relazione con l’altro. Così come, quando qualcosa non fila liscio, sembra meno impegnativo lasciarsi e ripartire con qualcun altro, piuttosto che investire ancora una volta nella relazione esistente.

La coppia: una pianta da innaffiare quotidianamente

Troppo di sovente si dà per scontato che le relazioni si alimentino da sé in automatico una volta avviate: non c’è convinzione più fallimentare per la coppia.

Ogni rapporto è come una pianta da coltivare con cura, amore e attenzione, quotidianamente, con pazienza e perseveranza: mettere il proprio tempo e le proprie energie a disposizione dell’altro, senza perdere di vista se stessi. Imparare a raccontare se stessi all’altro e imparare ad ascoltare l’altro.

Che lavoro difficile!

I Messaggi TU – I Messaggi IO

Una dinamica che si riscontra tipicamente nelle relazioni umane, e in particolare nella coppia, è improntare una discussione sulle accuse reciproche:

  • “Non sei capace a far altro che a pensare a te stesso!”,
  • “Tu non mi capisci!”,
  • “Sei sempre la solita”.

Queste sono solo alcuni degli esempi di messaggi cosiddetti “Tu”: sono messaggi giudicanti, che puntano a sminuire l’autostima dell’altro o a offenderlo, rischiando di attivare difese che si possono manifestare con un atteggiamento di reazione ancor più oppositivo.

Si crea così un circuito chiuso che non permette di risolvere il problema e ciò si verifica spesso nella coppia,: a volte si tende ad arroccarsi sulle proprie posizioni, per non venire meno a se stessi o perché si sente il bisogno di doversi difendere.

Può essere utile in questi casi provare a scardinare il meccanismo comunicativo assodato ma disfunzionale, sostituendo ai “messaggi Tu” i “Messaggi Io.

Si prova a far entrare l’Altro nei propri panni, esprimendo le conseguenze che quel suo comportamento ha provocato su di sé, rivelando così i propri sentimenti e il proprio stato d’animo e costruendo la strada verso un dialogo.

Un conto infatti è puntare il dito verso l’altro e dirgli, ad esempio: “Mi interrompi sempre, non hai il minimo rispetto per me!”. Un altro è affermare: “Quando mi interrompi in continuazione (descrizione precisa del problema) io non riesco a dire la mia opinione (descrizione oggettiva della conseguenza) e questo mi fa sentire inutile (descrizione delle sensazioni interiori).”

Con tale tecnica del “messaggio Io” si individua inoltre il comportamento che infastidisce e non si accusa la persona nella sua interezza.

A tal proposito, può tornare utile fare una riflessione su alcune delle barriere comunicative individuate da Gordon nel 1991:

  • ordinare o esigere un determinato comportamento da parte di qualcuno senza tenere in considerazione i suoi sentimenti;
  • fare la morale, che può produrre nell’altro un abbassamento dell’autostima, della fiducia in se stessi e senso di colpa;
  • dare soluzioni già pronte, che possono essere valide per chi le ha pensate, ma non per chi le riceve come suggerimento. Si trasmette un senso di sfiducia nelle capacità dell’altro di trovare soluzioni;
  • criticare o giudicare, entrambi atteggiamenti che ledono l’autostima dell’altro;
  • umiliare, sminuire o ridicolizzare l’altro.

Perché una consulenza di coppia?

Richiedere una consultazione di coppia significa investire sulla propria relazione e lavorare su di essa con l’aiuto di un esperto che possa aiutare a mediare le conflittualità.

Significa avere uno spazio neutrale, quello della seduta, in cui poter esporre le proprie difficoltà, i propri timori, le proprie volontà, ascoltando poi quelle dell’altro.

Significa trovare di fronte a sé non un giudice, bensì un mediatore capace di dare voce e ascolto a entrambe le parti, e di osservare prima e mostrare dopo le dinamiche che caratterizzano la coppia, rafforzando quelle efficaci e provando a modificare quelle disfunzionali o, addirittura, distruttive.

La consultazione di coppia può dunque essere un buono strumento per salvaguardare la propria coppia, cercare la via per ricostruirla o trovare il modo di separarla, elaborandone il lutto e il vissuto di fallimento.

 

Foto: Francesca Savino

 

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