Mi leggi una storia? La lettura come ponte relazionale fra adulti e bambini

Il libro viene spesso visto come un mezzo di apprendimento, e certamente lo è fin dalla primissima infanzia: se la lettura diventa una consuetudine, si crea nel bambino l’abitudine all’ascolto, si sollecitano la sua immaginazione e la sua curiosità, e i suoi tempi di attenzione a poco a poco si dilatano.

Inoltre ascoltando, linguaggio e comprensione verbale si ampliano: sempre più, nuovi termini e le diverse strutture sintattiche delle frasi arricchiscono il suo vocabolario.

Grazie alla lettura ad alta voce si consolida l’intelligenza narrativa, secondo sequenze logico-temporali, e la confidenza con il linguaggio letterario che è più ricco e preciso del linguaggio parlato. E quando il bambino sarà in età scolare, tutto ciò potrà favorire anche la produzione scritta oltre che la comprensione.

Leggere con i bambini crea un ponte relazionale

Basterebbero tutte queste buone motivazioni per leggere fin dalla prima infanzia. Eppure vi è ancora una ragione molto importante per farlo.

Siamo abituati a pensare che si debba leggere per i bambini. A loro piace di sicuro, ma provate a pensare al valore aggiunto del leggere con i bambini: adulti e piccini insieme, accoccolati vicini a guardare le stesse immagini e ad ascoltare la storia.
Il libro e la lettura possono così diventare un ponte relazionale fra l’adulto e il bambino.

Il libro aiuta a parlare di argomenti difficili

Quando lavoro con i genitori a volte mi sento chiedere “Ma come faccio a spiegarglielo?”,  “Come faccio a parlarne?”.

Un libro può aiutare i grandi a raccontare ai piccoli queste situazioni, a trovare le parole giuste: penso a quando c’è una separazione o a quando una famiglia deve affrontare un lutto o un trasferimento. E può aiutare i piccoli a capire, elaborare ed interiorizzare quello che sta succedendo e che stanno vivendo. E vedrete con i vostri occhi che interesse destano nei piccini!

Il libro aiuta a superare le diverse tappe evolutive del bambino

Una storia può aiutare non solo nei momenti difficili, ma anche nelle fondamentali tappe evolutive: passare dall’allattamento alle pappe o dal pannolino al vasino, togliere il ciuccio, affrontare il momento della nanna, o l’entrata al nido o alla scuola materna, o ancora  l’arrivo di un fratellino.

Il bambino non giudica

Inoltre leggere con i bambini ci permette di toglierci da quella  posizione “scolastico-istruttiva” di dover leggere bene: nella relazione con i figli, con i nipoti, o in generale con i bambini di cui ci stiamo occupando, non c’è nessun critico se non quello dentro di noi, perché di sicuro il bambino non giudicherà l’adulto che gli legge una storia. Nei primi anni di vita, infatti, non c’è nulla di più prezioso e magico della presenza accanto al piccolo di un adulto competente e interessato a lui. Possiamo quindi leggere come ci fa piacere, rilassandoci e perché no, anche divertendoci.

Il libro può dunque essere uno strumento di relazione fra l’adulto e il bambino (o i bambini) di cui ci si prende cura o che si ha a cuore.

La lettura protegge il bambino

A proposito dell’importanza del libro fin dalla nascita dei bambini, basti pensare a

  • il progetto Genitori più del Ministero della Salute che annovera fra le 8 azioni che proteggono un bambino e che ne favoriscono lo sviluppo anche la lettura di un libro, accanto all’allattamento al seno, l’assenza di fumo in gravidanza e davanti al bambino, il non bere in gravidanza e durante l’allattamento.
  • E il progetto Nati per leggere, sostenuto da molti pediatri e dai poli bibliotecari italiani, che “propone gratuitamente alle famiglie con bambini fino a 6 anni di età attività di lettura che costituiscono un’esperienza importante per lo sviluppo cognitivo dei bambini e per lo sviluppo delle capacità dei genitori di crescere con i loro figli.”

Stare insieme

Eppure oggi vi sono moltissimi modi per intrattenere un bambino che sembrano più attuali e all’avanguardia della lettura: tablet, cellulari collegati a giochi e video, la televisione appaiono spesso agli occhi degli adulti come mezzi più sintonizzati con le esigenze e le capacità dei piccoli nativi digitali di casa. E senza alcun dubbio i bambini ne sono fortemente attratti, non fosse altro che li vedono di sovente nelle mani di mamma e papà e in generale dei grandi che si prendono cura di loro. Questi sono mezzi che fanno parte della società attuale, rappresentano un progresso tecnologico che ha modificato le abitudini e il modo di stare in relazione fra le persone, costituiscono un mezzo immediato e facile verso la conoscenza e l’informazione.

Non credo che questi siano strumenti da demonizzare, ma siano piuttosto da controllare e dosare nella vita di un minore. Ma attenzione a considerarli dei sostitutivi al libro, perché in tutti questi mezzi manca una cosa: stare insieme.

E in una società come quella attuale dove entrambi i genitori lavorano, il libro può essere ancora, più di un tempo, uno strumento prezioso: la lettura può diventare il momento irrinunciabile della giornata per ricongiungersi e stare insieme, per condividere emozioni, trasmettere valori, spiegare situazioni e punti di vista.

Piacevole per tutti

La lettura può diventare un momento piacevole per entrambi.
La lettura può essere un momento piacevole per l’adulto: innanzitutto si legge da seduti o magari da semisdraiati. E si sta fermi, che a fine giornata può essere un dettaglio di non poca importanza per un adulto. Bimbi e grandi possono starsene accoccolati a leggere: è una situazione di quiete.

Il bambino avrà l’attenzione del genitore tutta per sé, cosa che invece non sempre capita perché l’adulto spesso si distrae col telefonino o perché ha altre attività per la testa o da fare in casa.

Inoltre per molti adulti la lettura può essere un momento di interazione più facile rispetto al gioco: la mente del bambino e la mente adulta sono molto diverse ed è anche per questo che non tutti gli adulti sono ancora capaci, o si divertono, a giocare con i bambini. Un libro, che è una attività strutturata, che ha una consequenzialità e una sua logica, aiuta anche la mente adulta.

Quando iniziare a leggere e cosa leggere

Da che età si legge?

Fin da quando il bambino è nella pancia

A 28 settimane di gestazione la maturazione uditiva è completa. Quindi dal quarto mese di gravidanza in poi si può incominciare a parlare con il proprio piccolo. E questo vale sia per le mamme sia per i papà: ciò rappresenta un modo per mettersi in contatto con il proprio bambino e così facendo le voci dei genitori diventano i suoni preferenziali del bambino nella pancia che poi li ritroverà e li riconoscerà quando ne uscirà.

Possiamo leggere una filastrocca, cantare una canzone, oppure leggere ad alta voce il libro che stiamo leggendo. Ovviamente qui non sono importanti le parole, ma la sonorità della nostra voce. La nostra voce diventa un fil rouge fra la vita intrauterina e la vita extrauterina.

La lettura tra 0-6 mesi

Quando nasce e nei primi 6 mesi, il bambino è sensibile all’intonazione della voce, alla musica della voce umana, più che al cosa si dice e al significato delle parole.

Il bambino ancora non parla, eppure assorbe dall’ambiente e scopre che ogni cosa ha un nome, che lui stesso ha un nome e si passerà quindi dall’ascolto all’espressione con i primi balbettii.

Se il latte nutre il corpo, la voce e le parole nutrono la mente e il cuore.

E dai 6 mesi si comincia a leggere

Jean Piaget parla del periodo senso-motorio che caratterizza la fase che va dalla nascita ai 2 anni: il bambino vuole conoscere se stesso e la realtà che lo circonda. E per farlo usa tutti i sensi: guarda, ascolta, annusa, tocca, gusta.

Ecco perché il bambino, ad esempio, mette tutto in bocca: perché lo vuole conoscere. La conoscenza passa attraverso tutti i sensi che il bambino ha a disposizione. E quindi non ci deve fare arrabbiare o non ci deve stupire se un bambino mette in bocca le pagine di un libro o se cerca, maldestramente, di prenderle e portarle a sé. Tra l’altro in questa fase si sviluppano 2 schemi motori: prima quello della prensione e poi quello del lasciar andare o lanciare.

Per questo motivo in tale fase è preferibile scegliere libri di tessuto, libri di legno, libri cartonati, di dimensioni piccole e quindi maneggevoli.

Inoltre un’altra caratteristica di questa fase è l’oggetto permanente.

Il bambino in questo periodo è pura percezione. Cosa vuole dire? Che un oggetto esiste se il bambino lo vede, lo sente, lo tocca nel qui e ora. Se l’oggetto scompare dalla sua vista, l’oggetto non esiste più. E ciò succede anche con l’oggetto d’amore: se la mamma è nell’altra stanza, ma il bambino non ne ha percezione, la mamma è scomparsa nella sua mente. E piange. Fuori dalla vista, fuori dalla mente.

Perciò in questo periodo sono da preferire libri semplici e rappresentativi di oggetti della realtà, quindi verosimili, perché in questa fase il bambino è molto concreto.

Prediligete quindi libri con poche immagini per pagina e riconoscibili, altrimenti rischiate di confonderlo.

Dai 9 mesi ai 12 mesi

A 9 mesi si mantengono le caratteristiche già dette: il libro deve essere, a maggior ragione, maneggevole perché il bambino lo usa e lo gira fra le sue manine, indica col dito le immagini e vi chiede di nominarle.

A 12 mesi il bambino gira da solo le pagine. Anche a questa età, i libri devono sempre essere robusti e devono riprodurre azioni quotidiane e oggetti verosimili e riconoscibili.

A proposito di sonorità: in questa fase, i libri possono essere anche di filastrocche. E se si ha tempo e voglia si possono creare dei libri, ad esempio di famiglia, con immagini e fotografie dei suoi componenti o, per chi ne ha, con gli animali che ne fanno, o ne hanno fatto, parte e per ognuno raccontare una semplice storia: come sono arrivati, con cosa piace/piaceva loro giocare, cosa mangiano/mangiavano, dove dormono/dormivano.

Dai 18 mesi ai 24 mesi

A 18 mesi subentra la rappresentazione mentale, tappa fondamentale nello sviluppo psichico della persona.

Il bambino tiene a mente l’oggetto anche quando non è presente, rievoca nella sua mente il contenuto di percezioni precedenti e mette in relazione il là e allora con il qui e ora.

In questo periodo si instaura nella sua mente il rapporto causa-effetto e quindi nel libro il bambino si accorge che esiste una connessione fra le pagine, e che figure e parole si intrecciano e raccontano una storia. È in questa fase che il bambino inizia a capire l’ironia e scopre quanto può essere buffo un racconto.

Dai 24 mesi ai 30 mesi

A 24 mesi è tipico che il bimbo senta la voglia di “leggere” il libro: ormai conosce a memoria le sue storie preferite, lette e rilette tante volte con l’adulto e così fa finta di leggerle e di fatto le recita ad alta voce. Oppure si inventa una storia guardando le immagini che osserva, sfogliando le pagine.

A questa età si può cominciare a leggergli storie più complesse, storie che usano l’umorismo, libri che abbiano le pagine di carta e non di cartone e con qualche immagine o dettaglio in più per pagina.

Dai 30 mesi si possono scegliere libri che raccontino la vita quotidiana: il bimbo che va a scuola, che si ammala, che gioca con un cucciolo, e libri che raccontino le emozioni e il mondo interno del bambino. Si può dare il via anche a storie con principesse e cavalieri.

Dai tre anni in su

Dai 3 anni entriamo nel periodo che Piaget definiva preoperazionale: il numero di oggetti che entrano in gioco aumentano e sono tutti in rapporto fra di loro. Quindi anche il libro potrà avere immagini più complesse e dettagli tutti da scoprire e le storie potranno diventare anche più articolate.

I 3-4 anni sono gli anni dei perché e della scoperta di come le cose funzionano: le fiabe possono spiegare sia la realtà esterna sia quella interna.

Le storie della tradizione

Avete notato come finora non abbiamo parlato delle storie della tradizione? Spesso pensiamo che quelle siano le storie da piccoli (Cappuccetto Rosso, i 3 porcellini,  Hansel e Gretel…). In realtà sono storie con molte metafore e con contenuti lontani dal mondo del bambino piccolo. È meglio partire con storie del suo quotidiano, così il bambino potrà piano piano rispecchiarsi e rivedersi poi nel bambino protagonista del libro.

Il libro diventa un canale per dire al bambino “sono qui con te”

Il libro serve a elaborare la sua realtà, come funziona il mondo esterno e a conoscerlo, e come funziona il mondo interno, quello delle emozioni.

Leggere con un bambino significa innanzitutto dirgli “sono qui con te”. E ci permette di entrare nel suo mondo.

Buona lettura a grandi e piccini!

 

 

Foto: Francesca Savino

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