Psicologo, psichiatra o psicoterapeuta?

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Può capitare di avvertire un malessere.
Si può sentire un’ansia crescente, vivere un vero e proprio attacco di panico o attraversare un momento di vita difficile come la crescita in adolescenza, un divorzio o un’immobilità lavorativa.
Oppure si possono avere sintomi fisici come continui mal di testa, dolore gastrico, oppressione al petto e così via che, una volta indagati tramite esami clinici, non portano a cause organiche, facendosi così largo la strada della somatizzazione di tensioni emotive e di affaticamento psichico.

Qualsiasi siano i motivi per cui si fa una domanda di cura per sé in ambito psicologico, una volta che si arriva a prendere la decisione che si vuole chiedere aiuto, viene da domandarsi quale sia la strada più opportuna da intraprendere, soprattutto se non si hanno mai avuto contatti prima d’ora con il mondo “psi”.

E a fronte di titoli professionali che sembrano assomigliarsi tutti eppure non sono uguali, è difficile orientarsi e capire a quale tipo di esperto rivolgersi.
Allora può essere utile fare un po’ di chiarezza e dare qualche spiegazione.

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Rivolgersi a uno psicologo

rivolgersi a uno psicologo

Per trovare uno spazio per sè, dove sentirsi ascoltati senza essere giudicati.

Per trovare un nome agli stati d’animo, talvolta confusi, che si muovono dentro di noi.

Per non sentirsi soli.

Per non farsi bloccare dalla colpa, dalla vergogna o da un senso di incapacità.

Per poter lavorare su noi stessi, mettendoci in gioco, nella relazione terapeutica.

Per conoscerci meglio, guardandoci da prospettive finora sconosciute.

Per affrontare i timori, provando a perseguire i nostri desideri e i nostri obiettivi.

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