Che fine ha fatto l’esaurimento nervoso?

Quante volte abbiamo sentito parlare, o noi per primi abbiamo citato, l’esaurimento nervoso? Eppure è una categoria diagnostica inesistente, che non si trova sui libri e di cui non si parla in ambito clinico.

Ma allora cosa si intende quando si parla di esaurimento nervoso?

È un termine popolare che non ha rilevanza scientifica, che fa trapelare l’idea che il cervello o le sue cellule nervose si “esauriscano” a fronte di un eccessivo affaticamento, come quando si esaurisce la batteria di un apparecchio usato troppo.

Beh, la terminologia non è corretta dal punto di vista scientifico, ma a ben pensarci racconta di una sensazione di fatica, mentale ed emotiva, che porta allo sfinimento, al consumo delle proprie energie, alla demotivazione verso tutto e tutti. L’espressione, seppur non corretta, racconta tuttavia di una sensazione che forse molti hanno provato nella loro vita.

L’espressione esaurimento nervoso oggi ha ceduto un po’ il passo a terminologie apparentemente più precise, che connotano la nostra vita di tutti i giorni: stress, ansia, panico, depressione. Dico apparentemente poiché in realtà queste parole spesso non danno alcuna informazione di cosa senta la persona che le prova, se non che questa avverte un malessere di tipo psicologico. E sarebbe opportuno fare una distinzione fra la depressione e la tristezza, poiché se la prima è una vera e propria patologia di cui alcune persone soffrono, con livelli di gravità differenti, la seconda è un’emozione che, con maggior o minor frequenza, con maggior o minore intensità, tutti proviamo nelle nostre vite.

Quali sono i segnali ed i vissuti che possono far pensare ad un esaurimento nervoso o, in termini più attuali ed ampli, che sono riconducibili ad un malessere di natura psicologica?

Senso di colpa, demotivazione, incapacità a prendere iniziative e/o decisioni, isolamento, sensazione di imminenti catastrofi, senso di costante agitazione e preoccupazione spesso non è riconducibile a una causa definita, inquietudine, difficoltà di memoria e di concentrazione, mancanza di cura di sé, del proprio aspetto o della propria igiene.

A questi  poi si sommano segnali fisici che, a seguito di una indagine approfondita, non si rivelano causati da disfunzioni organiche, quali: inappetenza o eccessivo appetito, disturbi del sonno, tachicardie, oppressione al petto, perdita del desiderio o del piacere sessuale, disturbi gastrointestinali, cefalea.

A volte anche situazioni di malessere vissute sul posto di lavoro possono provocare un abbassamento del tono dell’umore, senso di colpa per non riuscire a sostenere i ritmi richiesti, percezione di non valere nulla o poco più.

Vi sono poi situazioni in cui si vive un forte momento di tristezza poiché si viene sradicati dal proprio ambiente o si reagisce con una fisiologica chiusura a fronte di eventi traumatici e luttuosi o di perdite gravi, inaspettate, improvvise.

Situazioni di vita a volte complicate da gestire e che possono portare a un affaticamento mentale e fisico; ci sono poi i momenti di passaggio come l’invecchiamento e il cambiamento di processi organici: ad esempio la menopausa per le donne e l’andropausa per gli uomini portano con sé anche un cambiamento del proprio senso di identità (Sarò ancora utile per qualcuno? Come occupo il mio tempo? E se mi ammalo?).

Questi sono solo alcuni esempi di significati a cui l’espressione “esaurimento nervoso” si può riferire.

E che fare se ci si è ritrovati in una di queste descrizioni?

Certamente una buona strada da intraprendere per chi desidera sentirsi meglio è quello di contattare un professionista, che innanzitutto valuti il livello di sofferenza che la persona porta e che individui l’opportunità o meno di un aiuto farmacologico mirato e “su misura”.

A quel punto è possibile attivare un percorso di consultazione psicologica, per andare alla ricerca delle cause del malessere espresso oltre che all’attenuazione ed eliminazione dei sintomi, scovando il significato che quel sintomo ha per la persona, affinché esso possa non ritornare in futuro.

Cominciare una consulenza psicologica significa trovare e concedersi uno spazio dove portare il proprio malessere e le proprie preoccupazioni liberamente, in cui venire ascoltati senza paura di essere giudicati.

Un luogo e un tempo per trovare le proprie risposte e le proprie strade dentro di sé e con sé.

 

Foto: Francesca Savino

 

 

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